martedì 22 marzo 2016

Tuck and Patti: due mostri sacri (e di generosità)

Non so come, nel mare magnum di internet, siamo approdati alla pagina di Rubiera Jazz.   
E da lì, un giorno ci è comparso "Seminario di Tuck&Patti". 

 

-Ma dai, figurati... Tuck and Patti? In Italia? 
-Ah sì, vedi, fanno anche dei concerti in altre città...
-Allora è vero!
-...
-Scrivo subito e prenoto due posti.







Chiunque ami la musica non può non apprezzare quello che questi due artisti riescono a creare con solo due elementi. Si potrebbero in effetti definire come ideatori di un genere a parte: hanno trasformato quello che da noi è sempre stato suonare sulla spiaggia in compagnia in una vera e propria big band, dando un valore artistico unico all'accoppiata voce/chitarra.




E non solo, i due musicisti straordinari sono anche una coppia, e si dedicano con passione a trasmettere ciò che hanno costruito in quasi 40 anni di musica insieme, attraverso seminari, incontri, sessioni via skype tramite il loro sito

Una generosità e un'apertura al mondo commoventi: non uno sguardo scocciato alle mille richieste di foto e autografi, non una parola fuori posto, non una frase che non sia di incoraggiamento sulla lunga e faticosa strada della musica.

Eppure lo sai che loro sono due "mostri sacri" e allora hai un po' di timore ad avvicinarti, a parlargli, a godere dell'energia che emanano. Passano i minuti, le cantanti con Patti e i chitarristi con Tuck, e il timore inizia a svanire, per lasciare il posto all'incanto.


L'incanto di una location storica, tranquilla e accogliente (il complesso monumentale del XVI secolo denominato "la Corte Ospitale"),  dell'organizzazione precisa e amichevole di Fausto Comunale e Daniela Galli (storico duo voce/chitarra dell'Emilia ispirato proprio a Tuck and Patti), dell'essere tutti insieme a parlare di musica e viverla attraverso le parole (e gli esempi pratici, numerosissimi) di due artisti di straordinario talento.

Ecco quindi alcune delle cose che hanno condiviso con noi.


Un consiglio ai giovani chitarristi e alle giovani cantanti...
Tuck: Lavorare, lavorare ore ed ore, anni e anni. Ci sono stati periodi in cui suonavo la chitarra 20 ore al giorno, ovunque fossi. Ho studiato il pianoforte da piccolo, ma sulla chitarra sono un autodidatta. Solo lo studio può darti la confidenza necessaria con la tastiera: è importante il lavoro sugli accordi in tutte le posizioni, scale, esercizi, ed è anche importante adattare sempre tutto a quello che ti gira per la testa. E quando tutto ti sembra crollare e non sai dove andare, allora resta sul semplice, poche note di assolo e RITMO!
Patti: La prima cosa da fare per essere una cantante è rivendicarlo. Quando qualcuno ti chiede cosa fai, dì per prima cosa "sono una cantante". Rivendica questo ruolo, fallo tuo. Lascia andare i dubbi, per quelli non c'è spazio, e innamorati della tua voce, perchè solo così potrai far sì che anche gli altri la amino. Una buona tecnica è importante, ma l'ingrediente fondamentale sei tu. Cantare è il coraggio di stare davanti ad una stanza di estranei ed essere te stessa, mostrare te stessa, e lasciare che il suono scorra attraverso di te! Infine, lascia stare miele, thè, integratori: la cosa migliore per la voce è semplicemente dell'acqua calda sempre a portata di mano!

Voi due lavorate moltissimo sull'improvvisazione, anche dal vivo. Come fate a sapere quello che sta facendo l'altro?
Tuck: Non lo so! Le variazioni che facciamo dal vivo sono per 50% frutto di errori: proprio lì succedono le cose interessanti, è lì che dovete rilassarvi e trovare un modo di uscire dal bosco. C'è un espressione che utilizzo, è come ballare sulla punta di un tetto. Perchè è tutta una questione di equilibrio, e di ascolto. Una delle cose più importanti che si possano dire a un altro essere umano è "ti ascolto", e poi l'altro risponderà "grazie, ora lascia che io ascolti te". E la cosa più bella che puoi fare come musicista è dare agli altri delle indicazioni, attraverso quello che tu suoni, del fatto che li hai ascoltati e che continui a farlo. Proprio come avviene in una danza...
Patti: E poi può succedere di cadere, e quando io cado, lui diventa la mia rete di protezione. E quando è lui a cadere, io sono la sua. Se ad esempio io vado su una nota e sento che lui non c'è, la tengo lì e lo aspetto. Lui fa lo stesso mentre suona. Certo, sono molti anni che suoniamo insieme, ma per molto tempo io ho suonato con delle "jam band". C'erano sere in cui facevamo tutto il set su un unico brano, sul quale continuavamo ad improvvisare e a variare. È bellissimo quando sali sul palco, dici "ciao ragazzi, piacere!", ed attacchi a suonare. È il modo migliore di conoscersi, dando alle persone con le quali stai suonando la benedizione della tua totale attenzione!

Ed infine una domanda che è più una curiosità: voi due ascoltate musica? Se sì, di che tipo?
Patti: Amo le cantanti d'opera e la musica classica, ma ascolto veramente di tutto. Sono un'amante delle musica: l'opera, il rap,la musica brasiliana, fai il nome di un genere musicale e io ce l'ho! È lui che ascolta sempre le stesse cose, invece..
Tuck: Anch'io ho ascoltato un sacco di musica, ma sono "drogato" di chitarra. Davvero, non ho mai bevuto, nè assunto droghe, niente... solo chitarra! Quindi quando ascolto un brano penso a come potrei suonarlo con la chitarra. E poi ci lavoro! Ad esempio, provo a ridurre una composizione per big band al manico della chitarra (e suona Count Basie). O brani più complessi, perfino Rapsody in Blue. Ci ho lavorato per un po', non suonava come l'originale, ma in qualche modo è stato possibile!


martedì 2 febbraio 2016

Perchè non mi piace il doppiaggio cinematografico - Dr.Blues

Eccoci seduti comodamente davanti allo schermo. Il nuovo film di quel regista che ci piace tanto sta per essere proiettato. Siamo carichi di attese ed aspettative. E' giusto così.
Prima scena e già la fotografia, accidenti. Le luci: meraviglia. I passi sulle foglie secche trasmettono quella sensazione di solitudine che il personaggio principale sta vivendo. Un pianoforte, degli accordi minori, un violoncello si, la solita suite di Bach, la 1007 ma va bene. Primo piano sugli occhi torvi dell'attore. Perfetto. Parla...
Eh no.... E' Pannofino, il baffuto di Boris, degli spot Telecom, e la fiction Pompei, Carabinieri, La Squadra, i Cesaroni, La nuova squadra... e mentre mi vedo le immagini smarmellate di tutte queste fiction di discutibile qualità, il personaggio, l'attore è già arrivato a casa di uno che non so chi sia. Mi sono distratto...

Perchè, perchè?

Italia Paese strano. Originali lo siamo; abbiamo inventato di tutto e di più, che ve lo dico a fare, anche il doppiaggio per come è fatto. I professionisti del falso. Gli attori, bravissimi, muovono le labbra e uno, a volte bravissimo e a volte nemmeno, dice cose. E a volte queste cose non hanno completamente un nesso con il testo, con la storia. E' purtroppo così: si predilige il sincrono.
Non ci credete? Basta girare su YouTube e si apre un mondo di esempi, tra cui uno dei più eclatanti è quello di "Bastardi senza gloria" di Quentin Tarantino, dove un dialogo è stato radicalmente modificato da chi cura il doppiaggio: in pratica, non sapevano come fare a doppiare Brad Pitt e gli attori che fanno quella scena, perchè quella scena è parlata in italiano.

Il doppiaggio.

Da Wikipedia:
I motivi per cui si ricorre al doppiaggio sono:

  • Dare voce ai personaggi dei film d'animazione o a neonati, oggetti, marionette, animali e altro in una lingua diversa da quella di origine.
  • Sostituire la voce di un attore privo di fonogenia o che presenta un'eccessiva inflessione dialettale.
  • Realizzare la traccia audio di film non girati in presa diretta, alla quale si può rinunciare in scene problematiche o a causa di fattori ambientali (quali vento, pioggia, ecc.).
  • Rimediare ad un sonoro in presa diretta mal riuscito o con un eccessivo rumore d'ambiente.
  • Aggiungere al film o agli spot pubblicitari una voce fuori campo.
  • Poter far recitare più liberamente attori di diverse nazionalità impegnati nello stesso film, come accade spesso nelle coproduzioni europee: il doppiaggio, previsto già in pre-produzione, viene poi realizzato in più lingue mantenendo parte del sonoro in presa diretta.
  • Sostituire la voce di attori non professionisti, che non riescono a recitare con precisione le battute del copione. È una situazione che spesso il regista prevede fin dai provini, come accadeva, ad esempio, in molti film del neorealismo; l'intento, in questi casi, è quello di mantenere la spontaneità della recitazione, rimediando ai piccoli errori col successivo doppiaggio.
E questo elenco è abbastanza esaustivo. Non riporta però uno dei punti fondamentali: "lo spettatore non vuole fare fatica a leggere i sottotitoli o non vuole nemmeno provare a capire la lingua originale del film, andando a perdere, di fatto, parte della recitazione dell'attore".
Questo è.

Nella musica, potremmo pensare ad un bravissimo violoncellista (per il brano live di cui sopra) che, dopo anni e anni di studio durissimo, difficilissimo, ha scelto delle corde speciali e la cordiera in nylon, un archetto in crini di cavallo uzbeko e così via. Ma non è amplificato, e in fondo al teatro non lo sentirebbero. Allora gli organizzatori cosa decidono di fare? Chiamano un tizio, bravissimo, che farà lo stesso brano da dietro le quinte, ma con la chitarra elettrica, distorta, reverberata, un po' di chorus, un minimo di delay ma nulla a che vedere con quel violoncello e tantomeno con Bach.
Non dico che non si possa fare ma, fatelo uscire da dietro le quinte e fate fare la serata a lui!

No, il doppiaggio non mi piace. E non sono l'unico a pensarla così.

In Europa solo Italia, Spagna, Francia, Germania, Svizzera, Austria e  pochi altri usano il doppiaggio (in rosso). Ovviamente moltissime produzioni sono anglofone e quindi in Inghilterra non si pongono il problema. Ma in Svezia? Norvegia? Olanda? Islanda??
E' una questione di cultura, di far crescere cioè il pubblico con l'abitudine ai sottotitoli, con l'orecchio che impara ad abbinare quello che l'occhio legge. E forse di un sistema scolastico che è improntato molto più che da noi, ad imparare altre lingue.
Ma quando nasce il problema?
Nel ventennio fascista, quando quello che proveniva da Ovest e parlava inglese, dalla musica ai film, doveva essere italianizzato, doppiato, rinominato: la Patria lo imponeva.
Ma ora? Non si sarebbe potuti intervenire già negli anni '60, '70 o anche negli anni '80 in modo più deciso contro questa pratica discutibile?

Il lavoro di un attore, teatrale o cinematografico che esso sia, ha principalmente tre peculiarità: il viso, il corpo, la voce.
La vita stessa dell'attore dà forma a queste caratteristiche personali. Fumo, incidenti, malformazioni segnano alcuni attore più di altri. Certi iniziano da ragazzini e a quarant'anni, con una bella voce ormai da uomini maturi, recitano bellissimi film. Sai che esperienza hanno maturato?

Ma se il doppiatore originario aveva trent'anni ed una voce da ragazzino, ora che ne sono passati venti, ha subito le stesse modificazioni di quelle dell'attore di cui sopra?
E poi, caro doppiatore dalla voce che non ha più nulla a che fare con quella di Leonardo Di Caprio, hai idea per esempio del freddo che ha patito lui mentre diceva quelle quattro battute nel gelo della British Columbia a -30°C e più?
Oppure, mi sovviene Anthony Hopkins in "Titus, il "Tito Andronico" di Shakespeare, con la faccia a terra, la sabbia in bocca che parla e sputazza mentre il suo doppiatore, al fresco dello studio di registrazione aveva pure un thè freddo da sorseggiare. 

No, qualcosa non mi convince.

Un lavoro incompleto è purtroppo quello che ci giunge guardando film, serie tv anglofone doppiate.
Attori mediamente molto bravi, e molto bravi davvero, di cui perdiamo una parte del lavoro per non fare fatica a leggere dei sottotitoli, nemmeno quando la lingua è l'inglese, ormai studiato in qualsiasi scuola, di ogni ordine e grado. E va bene, gli anziani o quelli che non conoscono l'inglese fanno fatica a leggere le scritte in sovraimpressione, ma i bambini? I ragazzetti? I ventenni?
Che peccato.
 

Si tratta, come spesso accade, di darci la possibilità di scelta: io spero che le occasioni di guardare i film in lingua originale si diffondano sempre più, e che il doppiaggio si limiti ad essere strumento in caso di oggettive difficoltà (lingue particolari, non vedenti, rumori d'ambiente, eccetera..). E sì, magari anche qualche cartone animato.


giovedì 28 gennaio 2016

Anime Scoperte

Innanzitutto il titolo: "Anime Nascoste".
Ci ha colpito navigando su Facebook (ah, i "colpi di fulmine" ai tempi dei social networks), tra una pagina con foto di gattini e un "scopri i corsi di Zumba più vicini a te": della Zumba non ci frega niente, e in realtà abbiamo cercato lontano da noi- beh, forse non così lontano, ma in una città che è praticamente un altro mondo, e un Mondo a parte: Milano.




E così, cappottino leggero e stivaletti comodi, siamo andati alla ventura; e tutto per una semplice guida "Scoprire Milano: 101 locali, negozi, spazi d'arte per vivere bene in città". Guida che semplice è solo apparentemente, perchè basta sfogliarla per intuire il patrimonio di creatività, innovazione, linfa vitale che la anima.
Ne abbiamo avuto prova in una gremita sala di Palazzo Reale, nel cuore-che-più-cuore-non-si-può, dove Alberto Oliva, regista e scrittore, ha presentato il frutto dei suoi quasi tre anni di collaborazione con il quotidiano "Il Giorno". Con lui a parlare di questo interessante supplemento, in regalo con la copia di ieri del quotidiano, importanti personalità, sponsor, giornalisti, tutti accomunati
 dall'entusiasmo per questa iniziativa.
 




Tre anni, dicevamo. Tre anni nei quali Oliva ha scoperto tanti volti di una città che, come ha ricordato l'Ass. alle attività produttive D'Alfonso, "ha sempre avuto voglia di fare": e allora via libera ad appartamenti che diventano luoghi d'arte, copisterie che si trasformano in palcoscenici improvvisati, vecchi cinema che tornano ad incantare, e tanto altro.

Tutto quanto potete (e non) immaginare, c'è, esiste, si nasconde all'occhiata frettolosa e si mostra a chi sa guardare. Una mappa del tesoro, che ci porta a scoprire tanta "energia propulsiva e propositiva" (come ha ricordato Alberto Oliva nella sua presentazione).
Una guida per passare un bel fine settimana, o per perdersi navigando tra luoghi incantevoli, o per vivere le emozioni dell'arte. E un desiderio, una speranza per il futuro.




Esperienze come questa spronano davvero a "fare rete": e questa espressione, che si è sentita più volte durante la presentazione, forse assume un significato diverso se pensiamo che molti dei luoghi presenti nella guida sono piccoli spazi nati e cresciuti proprio grazie al passaparola, allo scambio e alla libera circolazione di idee e persone.

Tanto che la proposta della serata, lo spunto lanciato per i prossimi mesi, riguarda proprio un'ulteriore possibilità di condivisione: creare una "Mostra Diffusa", un "una mostra che trova il suo significato più pieno nell'essere visitabile muovendosi da uno spazio all'altro". L'ottima idea ha immediatamente raccolto consensi, al punto che l'artista Lorenza Morandotti, presente sulla guida e in sala, ha preso la parola per raccontare un'ulteriore proposta in questo senso: realizzare 100 sculture delle "Anime Nascoste", da donare ai luoghi in cambio di una fotografia dell'esposizione.

"Anime in Adozione" di Lorenza Morandotti, 2013 www.lorenzamorandotti.com





In un periodo in cui la parola "rete" evoca l'immagine di un presente virtuale, nel quale ognuno è solo con sè stesso, scoprire l'esistenza di questi 100 (e più, molti più) posti può rappresentare una sorta di rivincita del reale.
La rivincita di uomini e donne che ogni giorno combattono la propria battaglia per realizzare il loro sogno, per quanto grande, nuovo, difficile possa essere. La rivincita di chi non molla nonostante le avversità, di chi non teme il confronto ed è anzi aperto ad accogliere, di chi non ha paura delle visioni altrui, e anzi sa che ogni sguardo "altro" rappresenta un arricchimento alla propria, è il caso di dirlo, Anima Nascosta.


martedì 26 gennaio 2016

Ma perchè? Circostanze e ombrelli di un'avventura online

Benvenuti in questo nuovo spazio di ALMAprogetto!

 

 

"Nuovo" per modo di dire; in realtà è uno spazio "in costruzione", che ha cambiato  forma e ancora la cambierà nel tempo. 
In questo momento potremmo dire che questo blog vuole essere un luogo nel quale condividere alcuni dei pensieri, degli spunti, delle idee che ci attraversano nel nostro viaggio.



Abbiamo pensato di mettere "in rete" le nostre esperienze,
la RETE: entrare in contatto con altri, e di scambiarci pezzettini di ciò che siamo
è una cosa nella quali crediamo di più,
una possibilità d'incontro che amiamo darci.


Prove pseudoartistiche di foto (Marco S.)

Recensiremo spettacoli, musiche, eventi; parleremo di iniziative, associazioni, luoghi, e di qualsiasi manifestazione creativa colpirà il nostro sguardo (e succede in continuazione, credeteci!).
Dietro questo blog ci sono Alice e Marco, coppia nella vita e nell'arte, fondatori di ALMAprogetto, (Associazione Culturale dedita ad ogni forma artistica, con particolare attenzione al teatro e alla musica) - da questa "doppia mente" la scelta di scrivere sempre al plurale. 


Non per simbiosi (anzi, siamo due persone molto diverse e chi ci conosce lo sa e ne ride spesso!), ma perchè vogliamo segnare con questa scelta stilistica la necessità di riscoprire il "noi", di riscoprire la comunità, il senso di appartenenza al mondo che ci circonda. E chissà che questo "noi" non si espanda sempre più, a racchiudere sempre più persone accomunate da interessi e passioni.

Questo è il nostro sogno... che ne dite, ci aiutate a farlo diventare realtà?
Non cedete, non credete a chi vi dice che è impossibile. Il Bello esiste, e chi lo cerca lo trova sempre.





Abbiamo già in mente idee a bizzeffe, altre ce ne verranno, altre ce le segnalerete voi.
In che modo?
Semplice.
Scriveteci, lasciateci un commento, fateci compagnia, siateci.
E se avete un'attività artistica che volete raccontarci, noi saremo felicissimi di accoglierla.

Sotto questo grande cielo colorato 
insieme si sta bene...
e ci si diverte anche di più!